Un mondo altro, tempere pastelli disegni collages incisioni

di Marco Fragonara Milano - Il Mercante di Stampe 9 / 31 Ottobre 2008

"Le merveilleux est toujours beau, n'importe quel merveilleux est beau, il n'y a mème que le merveilleux qui soit beau", si legge nel manifesto surrealista del 1924 di André Breton a dimostrare l'appetito di meraviglioso proprio di questo autore francese, che è riuscito a tracciare una forte linea di demarcazione, respingendo dal concetto di meraviglioso tutto ciò che è volgare. E sulla lunga la scia del meraviglioso, che ha attraversato i secoli e la storia, si situa anche il lavoro recente, incline alle ampie fughe fantastiche del Surrealismo, di Raffaella Surian. Il suo sottile lirismo, intimo e pittorico, è espresso, infatti, attraverso un vigoroso segno, dove il colore diviene protagonista principale della scena. Sono i colori della meraviglia, dei luoghi più nascosti dell'Io. Sono essi a non mascherare la realtà, quanto piuttosto a farla apparire, dandole forma e materia. Surian riesce per tanto a cogliere attraverso il colore la vera presenza corporea della luce e dell'ombra. Da qui, la sua particolare visione dello spazio e del paesaggio, soggetti principali di queste opere, che vivono l'attesa dell'avvento del meraviglioso, come accade nella serie di collage intitolata Plenilunio. Titolo questo quanto mai paradigmatico per comprendere il percorso di Surian, la quale si sofferma non solo sullo spazio, ma come ovvio, anche sul concetto di tempo, facendo dello spazio un luogo tutto interiore, dove desideri e pulsioni si mescolano. Il soggetto di questa serie, ma anche delle altre opere, infatti, mette in evidenza, attraverso la simbologia della luna piena, rappresentata da quel tondo di carta o di colore, il continuo morire e risorgere dell'essere. Un inno alla vita, quindi, che passa attraverso la morte. Mentre il sole, infatti, sempre uguale a se stesso, non mostra alcun divenire, la luna, invece, cresce, cala, sparisce, ritorna nella sua pienezza e vitalità ad esistere. Nascita e morte unite insieme, quindi, caratteristiche di ogni divenire, anche di quello dell'uomo. Ma l'accento posto da Surian non è tanto sul senso di morte, quanto piuttosto su quello di vita, di rinascita, in una parola, di resurrezione. Quello della luna è quindi un eterno ritorno, una danza che rivela all'uomo il senso del tempo concreto e vivo, sotto il quale si coordinano i più diversi fenomeni dei piani cosmici. Con il suo ritmo che unifica realtà eterogenee, la luna riduce il mondo ad uno spazio finito in cui cogliere, non tanto con la ragione, ma attraverso l'intuizione equivalenze e coordinazioni. Sintomatico, in questo senso, il titolo di due opera in mostra, Lirica del moto e Moto travolgente dello spazio, in cui sono presenti, in una ricchezza di sfumature e di corrispondenze, il simbolo lunare e nel contempo i diversi piani cosmici in cui agiscono forze diverse, in un gioco di luce ed oscurità rivelatore del senso della vita che ritmicamente si ripete, confermando con vigore la speranza in una rinascita.

Ma nell'opera di Surian ci sono altre forze, per così dire immaginanti, che scavano il fondo dell'essere, anch'esse legate alla simbologia lunare. Una di queste è l'acqua. Simbolo della transitorietà, posta tra fuoco e terra, l'acqua provoca la vertigine, propria di un essere che muore ad ogni istante e che in ogni istante risorge. L'acqua, sangue della terra, è vita per quella stessa terra, ma nello stesso tempo invita a morire per poi potersi rigenerare. Con la sua oscurità, per tanto, la notte penetra le acque, ma nello stesso tempo è rinfrescata dall'acqua che inebria anche le nostre labbra, come accade nei due collage intitolate Cascate.
In questo lungo viaggio nell'immaginario, dove si esprime non tanto la felicità, che resta sempre irraggiungibile, quanto piuttosto la gioia che supera l'intensità di un'esperienza vissuta, le continue fantasticherie di Surian, che non sono mai sogno, ci inducono a guardare la realtà con occhi diversi. E' necessario morire più volte, infatti, intraprendendo poi strade diverse, a volte sconosciute, per poter di nuovo affacciarsi alla vita ed essere sospinti verso lidi inesplorati, indagati con stupore e meraviglia. Dopo essere stati trafitti si torna, così, nuovamente all'attacco, illuminati da una nuova forza, tutta interiore, propria di un'anima che non dimentica la vita di un tempo, ma nello stesso momento si apre alla nuova realtà. Ed è curioso notare come le opere che suggeriscono quest'ultimo percorso, Cascate, Trafitta, All'attacco, Luminosa e Anima, che sembra essere la sintesi di tutte le altre, presentino un simile impianto compositivo, quasi fossero scene diverse di un unico racconto interiore. Desiderio di leggerezza e d'infinito si aprono ora come nuova possibilità, Nuovi mondi, appunto, come suggerisce il titolo di un'altra serie presentata in questa mostra, che danno vertigine. "Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi spaventa", scriveva Pascal, ma è in quel silenzio che Surian ritrova un'energia nuova che abbraccia spazio e materia, dato che l'intero universo diviene luogo di un'esistenza in continuo mutamento. E compaiono nuovi ammassi di forza e colore, per colmare i vuoti che via via si vanno sempre e comunque determinando, come accade in Ore 12, Estate, Grigne dal mio studio e soprattutto Monte Ciun.
Questi lavori recenti di Surian ci pare, quindi, che esprimano, il senso di quella gioia essenziale che è in noi, là dove luce, dinamismo e slancio riescono a superare ogni contrarietà, dato che la gioia, come diceva Bernanos, è "la forma carnale della speranza".

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